Licenziamento Disciplinare

Licenziamento Disciplinare

Il licenziamento disciplinare

Preliminarmente, è necessario considerare come la maggior parte dei licenziamenti ricadano nella fattispecie del licenziamento disciplinare, in quanto il licenziamento viene solitamente irrogato in ragione di:

  • mancanze” del lavoratore
  • inadempimenti del dipendente agli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà (di cui agli Artt. 2104 e 2105 Cod. Civ. ).

Esulano dalla fattispecie del licenziamento disciplinare, infatti, le seguenti ipotesi:

  • licenziamenti collettivi
  • licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
  • licenziamenti cd. economici (determinati da “ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” L. n. 604/1966)
  • licenziamento per impossibilità totale a rendere la prestazione lavorativa
  • licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Pertanto, ogni risoluzione del rapporto di lavoro che sia la conseguenza di mancanze o inadempimenti agli obblighi sopra richiamati da parte del lavoratore, integra l’ipotesi del licenziamento disciplinare (più precisamente l’unanime giurisprudenza e dottrina lo definisce “licenziamento ontologicamente disciplinare”).

Oltretutto, deve considerarsi che il licenziamento dovuto a mancanze o inadempimenti del lavoratore, assume, di per sé, il carattere di (massima) sanzione disciplinare:

  • sia nell’ipotesi di licenziamento per giusta causa
  • sia nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Il licenziamento, quale atto espulsivo, presuppone la necessità che il datore di lavoro proceda preliminarmente alla contestazione dell’addebito al lavoratore per consentirgli il diritto di difesa.

Al riguardo, si applica la procedura di cui all’Arr. 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970).

Solo una volta portata a termine tale procedura il datore, ove ritenuto sussistente il fatto e proporzionale allo stesso la sanzione espulsiva, potrà decidere di recedere dal contratto di lavoro in conseguenza dell'addebito disciplinare.

Procedura

Il licenziamento disciplinare di un lavoratore richiede la previa contestazione dell’addebito, con avvio del procedimento disciplinare.

Solo all’esito della procedura disciplinare il datore potrà comminare la sanzione del licenziamento.

È giusto il caso di evidenziare come solo con lo svolgimento del procedimento disciplinare il datore di lavoro sia posto nella condizione di poter legittimimamente valutare, in considerazione delle difese del lavoratore, se ricorrano, o meno, i presupposti per irrogare una qualsivoglia sanzione disciplinare tra quelle previste nel nostro ordinamento:

  • Rimprovero verbale
  • Rimprovero scritto (generalmente previsto nella contrattazione collettiva)
  • Multa (non superiore alle 4 ore)
  • Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un periodo massimo di dieci giorni (nella contrattazione collettiva sono regolate ipotesi di sospensione con periodi inferiori, quali trattamenti di miglior favore)
  • Licenziamento disciplinare

La contestazione dell’addebito

Il procedimento disciplinare regolato all’Art. 7, L. n. 300/1970 prevede che il datore di lavoro, una volta venuto a conoscenza dei fatti, debba compiere una rapida valutazione e contestare per iscritto l’addebito (o gli addebiti) al proprio dipendente.

La contestazione dovrà essere specifica e riportare dettagliatamente i fatti sui quali il datore di lavoro ritiene di poter esercitare il proprio potere disciplinare.

A titolo esemplificativo, il datore di lavoro dovrà indicare:

  • quando ed in che modo è venuto a conoscenza dei fatti contestati;
  • data e luogo dove tali fatti si sono svolti;
  • le persone eventualmente presenti ai fatti;
  • l’esposizione analitica dei fatti medesimi.

La contestazione, inoltre, dovrà contenere l’invito rivolto al lavoratore di esercitare il proprio diritto alla difesa.

Tale diritto di difesa deve essere esercitato dal lavoratore nel termine di 5 giorni.

I giorni devono intendersi strettamente quelli di calendario e senza possibilità di proroga al giorno successivo nel caso in cui la scadenza del termine dovesse coincidere con un giorno festivo.

In via del tutto incidentale, si rileva come, il termine a difesa di cinque giorni non si applichi solo nel caso di contestazione diretta al rimprovero verbale del dipendente e, inoltre, che in alcuni contratti collettivi di lavoro sono presenti termini a difesa leggermente superiori in favore del lavoratore.

Ciò precisato, tornando al licenziamento disciplinare, il lavoratore ha cinque giorni di tempo per far valere le proprie ragioni presentando le proprie discolpe. Trascorso il termine di cinque giorni il datore di lavoro potrà decidere se risolvere il rapporto di lavoro.

La tempestività della contestazione

Il legislatore ha previsto il requisito della tempestività per evitare eventuali abusi da parte del datore di lavoro e per garantire il diritto alla difesa del lavoratore in modo che lo stesso possa rispondere adeguatamente alle accuse rivoltegli.

La tempestività è valutata, giova precisarlo, non in relazione al lasso di tempo che intercorre tra la realizzazione del comportamento illecito e la sua formale contestazione, bensì dal momento in cui il datore di lavoro avrebbe dovuto venirne a conoscenza usando l’ordinaria diligenza (si pensi, ad esempio, all’illecito relativo a rimborsi spese non veritieri presentati da un lavoratore inviato in trasferta e il cui accertamento diviene possibile solo una volta terminata la trasferta).

Pertanto, non v’è alcuna scadenza per l'irrogazione del provvedimento disciplinare, anche se vanno tenute in considerazione le specifiche previsioni di cui della contrattazione collettiva, ma, sicuramente, un comportamento irrispettoso del canone di immediatezza della contestazione rende sindacabile in sede giudiziale la legittimità stessa del licenziamento.

Decorrenza del licenziamento

Gli effetti del licenziamento decorrono dalla data di avvio del procedimento disciplinare e, quindi, dalla data in cui il datore di lavoro ha effettivamente contestato l'addebito al lavoratore.

Cionondimeno, gli effetti del licenziamento sono sospesi in caso di impedimento derivante dall’applicazione delle norme dettate a tutela della maternità, della paternità e degli infortunio sul lavoro.

Il periodo di lavoro eventualmente svolto in costanza della procedura disciplinare si computa al preavviso lavorato.

La comunicazione del licenziamento

Il licenziamento, come noto, deve comunicato al lavoratore per iscritto a pena di nullità (ex Art. 2, co.1, L. n. 604/1966).

Il datore potrà recedere dal rapporto di lavoro, pertanto, avvalendosi di un documento scritto che sia trasmesso con un mezzo che consenta di provare l’avvenuta consegna al dipendente-destinatario della comunicazione relativa al licenziamento.

A titolo esemplificativo, infatti, il datore di lavoro potrà comunicare il licenziamento a mezzo raccomandata (a mano o a mezzo servizio postale), telegramma, pec o atro strumento idoneo a portare a conoscenza del licenziamento il lavoratore.

Impugnazione del licenziamento e rapporto tra licenziamento ed altri istituti

Per il regime di impugnazione del licenziamento si rinvia all’apposita sezione Impugnazione del Licenziamento.
Del pari, per gli aspetti legati ai rapporti tra licenziamento ed altri istituti che regolano il rapporto di lavoro (e.g. TFR – preavviso – malattia – Naspi), si rinvia alle apposite sezioni di approfondimento 

Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate

Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 23 Febbraio 2019

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