Mobbing
- Definizione del cd. Mobbing
- Il mobbing
- I requisiti del mobbing
- Esempi di mobbing
- La tutela normativa
- Il mobbing e la responsabilità civile del datore di lavoro
- Il risarcimento del danno da mobbing
- Tempi e costi di assistenza nelle vertenze per mobbing
- Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate
- Per richiedere informazioni
- Navigazione
Definizione del cd. Mobbing
Con il termine mobbing si identificano una serie di condotte persecutorie ripetute nel tempo da parte del datore di lavoro (mobbing verticale o anche bossing) e/o dei colleghi (mobbing orizzontale) a danno di un singolo lavoratore allo scopo di isolarlo.
L’espressione mobbing deriva dal verbo inglese to mob ed è stata mututata in ambito giuslavoristico dall'etologia.
Il termine mobbing, infatti, era stato utilizzato dal noto etologo Konrad Lorenz allo scopo di indicare un particolare comportamento aggressivo tra individui della stessa specie, comportamento diretto ad escludere un membro dello stesso gruppo dagli altri.
Tornando al diritto del lavoro, è evidente come l'isolamento nel contesto lavorativo determini una situazione di disagio psichico al lavoratore idonea a determinare, inoltre, il sorgere di processi patotogici.
Le condotte mobbizzanti, pertanto, comportano una violazione dell'obbligo datoriale di preservare la personalità fisica e morale del lavoratore.
Al riguardo, il danno da mobbing appartiene alla categoria della responsabilità contrattuale, in quanto l’Art. 2087 Codice Civile pone, tra le obbligazioni contrattuali a carico del datore di lavoro, l’obbligo di garantire l'integrità psicofisica del lavoratore.
Il mobbing
Con il temine mobbing si indicano tutte quelle condotte reiterate e durature nel tempo dirette a vessare, individualmente e/o collettivamente un lavoratore ad opera:
- di superiori gerarchici
- colleghi
- sottoposti nei confronti di un superiore
In ragione della provenienza della condotta mobbizzante possono ditenguresi:
- mobbing verticale (ad opera di superiori gerarchici)
- mobbing orizzontale (da parte di colleghi)
- mobbing ascendente (da parte di sottoposti a danno del superiore gerarchico)
In alcuni casi, inoltre, la condotta mobbizzante può essere espressione di una precisa strategia volta ad estromettere il lavoratore dall’azienda, condotta che prende il nome di bossing.
Con il bossing, pertanto, si persegue lo scopo di portare la vittima ad abbandonare il posto di lavoro, senza dover ricorrere al licenziamento, ponendo in essere ritorsioni per comportamenti non condivisi o, più frequentemente, per il rifiuto della vittima di sottostare a richieste immorali o illegali.
La Giurisprudenza, inoltre, ha recentemente esteso la disciplina del mobbing a figure affini qual è lo straining.
In particolare lo straining è una forma attenuata di mobbing, nell'ambito della quale la vittima subisce uno stress forzato che viene inflitto deliberatamente al lavoratore da parte del superiore gerarchico.
Nello straining, peraltro, non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie. Tali azioni vessatorie, cionondimeno, giustificano una pretesa risarcitoria ai sensi dell’Art. 2087 Cod. Civ. ove si rivelino produttive di danno all’integrità psico-fisica del lavoratore.
I requisiti del mobbing
Per integrare la figura del mobbing devono ricorrere alcuni presupposti, tra i quali:
- la sua protrazione nel tempo;
- una pluralità di atti materiali, diretti alla persecuzione, alla vessazione o all’emarginazione del dipendente;
- la volontà di chi commette detta condotta illecita, in quanto diretta alla persecuzione o all’esclusione del dipendente;
- una lesione al lavoratore sul piano professionale e/o psicofisico o, ancora, alla sfera sessuale o morale.
Pur in assenza di una espressa disciplina legislativa, nel nostro ordinamento gli atti di mobbing possono essere ricompresi in altre fattispecie di reato, previste dal codice penale, quali
- lesioni gravi o gravissime dolose
- lesioni gravi o gravissime colpose
Tali fattispecie di reato, sono perseguibili anche di ufficio e si ritengono, di fatto, sussistenti nel caso di un riconoscimento dell’origine professionale della malattia derivante da condotte illecite qualificate.
Inoltre, preme evidenziare che l’Articolo 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro l’obbligo di preservare l’integrità fisica, psichica e morale del lavoratore.
La violazione di tale obbligo posta in essere con comportamenti illegittimi (o anche leciti se presi singolarmente) ed obiettivamente lesivi per il lavoratore, determina la responsabilità civile del datore per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti dal lavoratore.
Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno in argomento si prescrive in dieci anni dalla manifestazione del danno stesso.
Esempi di mobbing
Come anticipato, la pratica illecita del mobbing sul posto di lavoro si manifesta con una sistematica vessazione di un lavoratore dipendente con metodi tra i più vari arrivando a casi di violenza psicologica o anche fisica.
A titolo esemplificativo si riporta una casistica di casi più frequenti di mobbing:
- la dequalificazione delle mansioni con assegnazione di compiti banali e di scarsa autonomia decisionale;
- la sottrazione ingiustificata di incarichi al dipendente;
- la sottrazione della postazione di lavoro al dipendente;
- sistematici rimproveri e richiami avvenuti in pubblico o in privato;
- dotazione di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete;
- dotazione di arredi scomodi;
- collocazione in un ambiente di lavoro ostile;
- collocazione del dipendente in un ambiente di lavoro mal tenuto o mal illuminato allo scopo di dequalificare il lavoratore per demotivarlo, farlo ammalare ed infine costringerlo alle dimissioni.
La tutela normativa
Si ribadisce come nel nostro ordinamento manchi un testo organico di legge in materia di mobbing, nonostante tale illecito possa configurare gravi fattispecie di reato.
La norma civilistica di riferimento è l’Articolo 2087 del Codice Civile, norma che prevede espressamente quanto di seguito riportato:
- “…L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro…”.
Alla luce della suddetta previsione, il datore di lavoro è tenuto in generale a preservare l’integrità fisica e morale del lavoratore.
La violazione di tale obbligo determina una responsabilità civile del datore per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti dal lavoratore.
Sul punto, il risarcimento del danno patito dal lavoratore comprende, oltre le conseguenze patrimoniali dannose, anche quelle non patrimoniali ed in particolare il danno biologico e il danno morale.
Al riguardo, vi sono frequenti e numerosi pregiudizi che normalmente derivano da una condotta mobbizzante, quali ad esempio:
- danni patrimoniali e non patrimoniali per malattie professionali (si evidenzia come il mobbing sia in passato stato qualificato quale malattia professionale dall’INAIL con Circolare n. 71 del 17 Dicembre 2003), danni alla vita di relazione ed esaurimento nervoso;
- danni morali per la mortificazione sul piano professionale e per i numerosi attacchi sul piano personale, nonché per la riduzione ingiustificata dell’ambito di autonomia operativa del lavoratore;
- danni patrimoniali e non patrimoniali per sofferenze morali derivanti dalle umiliazioni e pressioni psicologiche illegittimamente subite;
- danni morali e biologici per la perdurante situazione di tensione determinata da atti sistematici, apparentemente legittimi e giustificati;
- danni patrimoniali e non patrimoniale per riduzioni delle funzioni, per sanzioni disciplinari illegittime e per l’adozione di provvedimenti disciplinari pretestuosi.
Il mobbing e la responsabilità civile del datore di lavoro
Come anticipato, il datore di lavoro è responsabile sul piano civilistico per i danni derivanti al lavoratore dal mobbing.
Tale responsabilità del datore di lavoro richiede la volontarietà della condotta e, quindi, che il comportamento illecito sia stato posto in essere con la specifica intenzione di discriminare il lavoratore mobbizzato.
Inoltre, il datore di lavoro è responsabile anche nell’ipotesi in cui il comportamento mobbizzante sia stato posto in essere da un dipendente in danno dell’altro, ciò in quanto il datore di lavoro è tenuto, in ogni caso, a reprimere e prevenire tali comportamenti dannosi.
Il risarcimento del danno da mobbing
Naturalmente, il lavoratore che ha subito mobbing ha il diritto al risarcimento del danno (diritto che si prescrive in dieci anni dal palesarsi del danno).
Per l’ottenimento del risarcimento è necessario che i comportamenti illegittimi del datore siano stati oggettivamente lesivi per il lavoratore.
Sul punto, spetta al datore di lavoro l’onere di provare in giudizio l’adempimento ai propri obblighi di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore.
Al riguardo, oltre ai danni morali patiti e a quelli patrimoniali, il lavoratore ha diritto all’indennizzo del danno biologico, inteso come lesione all’integrità psicofisica suscettibile di valutazione medico-legale della persona.
Al lavoratore, per contro, spetta l’onere di provare la lesione dell’integrità psico-fisica ed il nesso di causalità tra la lesione e il contesto lavorativo da cui è derivata.
Pertanto, lo svolgimento di una consulenza tecnica medico-legale di parte risulta essere spesso necessaria allo scopo di intervenire seriamente e incisivamente a favore dei lavoratori danneggiati, consentendo una maggiore completezza e certezza nella determinazione dei singoli pregiudizi patiti.
Tempi e costi di assistenza nelle vertenze per mobbing
Attesa la tipologia di pregiudizio in esame, normalmente, è necessario adire le vie giudiziarie per ottenere il ristoro del danno patito per condotte mobbizzanti.
Inoltre, ancor prima dell'azione giudiziale, è necessario lo svolgimento di una complessa attività difensiva muovendo da una consulenza medico-legale di parte sul danneggiato.
I tempi del giudizio sono di gran lunga inferiori rispetto al procedimento contenzioso ordinario in quanto le cause relative ai danni conseguenti a tale illecito sono decise secondo il Rito del Lavoro.
I costi legati attività difensiva, naturalmente, saranno valutati all'atto di conferimento dell'incarico con il rilascio, in forma scritta, di apposito preventivo indicante il prevedibile costo delle prestazioni professionali.
Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate
Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 23 Marzo 2019
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