Separazione Giudiziale

Aspetti generali della separazione giudiziale

Separazione Giudiziale

L’istituto della separazione giudiziale, nel moderno diritto di famiglia, non rappresenta più una “sanzione” nei confronti del coniuge colpevole di specifiche gravi condotte (adulterio, volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce, ingiurie gravi), bensì 

  • un “rimedio”, da invocare anche da parte di uno solo dei coniugi allorché sia cessata la comunione materiale e spirituale propria del sodalizio coniugale.

Tale situazione si verifica allorquando:

  • la prosecuzione della convivenza sia divenuta intollerabile;
  • ovvero, si siano verificati fatti pregiudizievoli per l’educazione della prole. 

Al riguardo, il diritto a chiedere la separazione giudiziale può essere esercitato anche dal coniuge che ha volontariamente posto in essere i fatti che rendono intollerabile la convivenza.

Si devono tenere distinte, infatti, la legittimazione a promuovere il giudizio per la separazione dall’addebitabilità della stessa.

L’accertamento della colpa del coniuge che ha tenuto condotte contrarie ai doveri che nascono dal matrimonio è, comunque, soltanto eventuale ed accessoria (e necessita di espressa domanda di uno dei coniugi).

Il procedimento di separazione giudiziale

La procedura di separazione giudiziale è, al pari del divorzio, caratterizzata da due fasi di giudizio:

  • la prima, che si svolge dinnanzi al Presidente, è finalizzata alla conciliazione o all'emissione dei provvedimenti urgenti destinati a consentire ai coniugi di iniziare a vivere separatamente;
  • la seconda, davanti al giudice istruttore designato, è una causa ordinaria destinata a concludersi con una sentenza di separazione impugnabile.
I provvedimenti emessi nel giudizio di separazione, sia quelli urgenti che la sentenza, possono essere modificati in presenza del mutamento delle circostanze di fatto o di diritto (si pensi al mutamento delle condizioni economiche del coniuge obbligato al mantenimento rispetto ai provvedimenti relativi a tali obblighi).

Ricorso

La domanda di separazione si propone con ricorso il quale contiene l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata, deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi, devono essere allegate le ultime dichiarazioni dei redditi (solitamente quelle degli ultimi tre anni).

Competenza

Competente a decidere della domanda di separazione è il tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi.

Fase presidenziale

Dopo il deposito del ricorso il Presidente fissa l'udienza di comparizione personale delle parti davanti a sé.

All'udienza presidenziale, ai fini del tentativo di conciliazione, le parti devono comparire personalmente con l'assistenza del difensore.

Esperito negativamente il tentativo di conciliazione, il presidente nomina il giudice per la prosecuzione del giudizio, emanando i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole:

  • la regolamentazione della responsabilità genitoriale (il c.d. affido)
  • il contributo al mantenimento dei figli (oltre che eventualmente dell'altro coniuge)
  • l'assegnazione della casa coniugale.

Tali provvedimenti costituiscono titolo esecutivo che è destinato a sopravvivere anche in caso di estinzione del giudizio, fino a quando non siano sostituiti da altro provvedimento idoneo.

Si ricordi che la comunione dei beni si scioglie nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati.

Con l'entrata in vigore della Legge n°55/2015, c.d. divorzio breve, i tempi per la proposizione della domanda di divorzio sono stati abbreviati:

  • per le separazioni giudiziali, la domanda di divorzio può essere presentata decorsi dodici mesi (di separazione ininterrotta) dalla data della suddetta udienza presidenziale;
  • per le separazioni consensuali, anche in caso di trasformazione da giudiziale in consensuale, la domanda di divorzio può essere presentata decorsi sei mesi (di separazione ininterrotta) dalla data in cui si è tenuta l’udienza presidenziale.

Fase giudiziale

Lo svolgimento della successiva fase di giudizio inizia con il deposito di una memoria integrativa da parte del ricorrente e con la costituzione in giudizio da parte del coniuge convenuto.

Come anticipato, tale fase prosegue nelle forme del giudizio ordinario, dal quale differisce soltanto per alcune peculiari attività nella fase istruttoria, e si conclude con una sentenza impugnabile.

L'intollerabilità della convivenza

Il concetto di convivenza si differenzia profondamente da quello di coabitazione. La convivenza coniugale è la comunione morale e materiale che si instaura tra i coniugi, la coabitazione consiste nella comune dimora. Infatti, può esservi convivenza senza coabitazione laddove i coniugi, pur uniti tra loro da una comunione di vita, per svariati motivi non coabitino.

Per contro, può esservi coabitazione anche quando l’unione coniugale sia venuta ormai meno ed il matrimonio si sia ridotto ad un mero simulacro.

La intollerabilità della convivenza è il venir meno della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale.
 
Alle cause di separazione riconosciute dalla vecchia normativa (i gravi fatti volontari e colpevoli cui si accennava poc’anzi) se ne sono aggiunte di nuove che talvolta non costituiscono una vera e proprie violazione dei doveri del matrimonio, né discendono dalla condotta di uno dei coniugi, ma che vanno ad ampliare le ipotesi che possono rilevare quali ragioni di intollerabilità:

  • incompatibilità di carattere
  • gravi litigi, anche con soggetti terzi conviventi
  • fatti involontari, quali, ad esempio, il grave stato di infermità di uno dei coniugi, perdurante nel tempo e non reversibile
  • mutamenti dello stile di vita conseguenti a scelte culturali, professionali, conversioni religiose che si traducano in atti oppressivi di intolleranza, in condizionamenti sulle scelte fondamentali di vita al coniuge e/o l'imposizione di principi educativi della prole non concordati tra i coniugi
  • modifiche interiori del rapporto con l’altro, quali la disaffezione o il distacco spirituale o fisico anche di uno solo dei coniugi.

L'accertamento giudiziale dell’intollerabilità

L'aspetto dell'intollerabilità della convivenza è un aspetto spesso sottovalutato.

In realtà è necessario l’accertamento effettivo dell’intollerabilità della convivenza, la quale deve essere allegata e provata dal coniuge che richiede la separazione.

Infatti, v'è pur sempre il controllo del giudice su tale aspetto, controllo che è finalizzato ad accertare la gravità della frattura e la sua irrimediabilità.

Il giudice deve verificare, specialmente di fronte all’opposizione dell’altro coniuge, che il sentimento di intollerabilità non sia frutto di una spinta emotiva, occasionale o solo di rivalsa nei confronti dell’altro, e che quindi non si tratti di una separazione capricciosa.

Pertanto l'intollerabilità deve nascere da fatti maturati nel tempo e non superabili e causare una grave frattura che conduce al rifiuto della vita in comune, al venire meno del consenso a far parte di quel sodalizio familiare.

Tale controllo costituisce l’essenza stessa del tentativo di conciliazione presidenziale.

Il tentativo di conciliazione si pone, infatti, come l’offerta alle parti di un’ultima possibilità di dialogo con la mediazione di un soggetto terzo, autorevole e qualificato.

Il pregiudizio all'educazione della prole

Il secondo presupposto della separazione è il verificarsi di fatti che rechino pregiudizio alla educazione della prole.

Tali fatti possono rilevare autonomamente rispetto all'intollerabilità della convivenza nell’ipotesi di una situazione di permanenza del sentimento coniugale in coniugi che, però, trovino la forza interiore di sacrificare la loro vita affettiva in quanto dannosa per i figli e nel solo interesse di questi.

L’addebito della separazione

L’addebito della separazione consiste nell’accertamento che la fine dell’unione coniugale sia stata causata da uno dei coniugi con un comportamento che ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale.

Una separazione per essere addebitabile richiede, quindi, l’accertamento della responsabilità del coniuge che ha tenuto una condotta contraria ai doveri che nascono dal matrimonio.

La condotta deve consistere in un comportamento, cosciente e volontario, contrario ai doveri che discendono dal matrimonio:

  • obbligo di fedeltà (che può essere violato anche con il c.d. ‘adulterio sentimentale’, vale a dire una con una relazione non connotata da fisicità ma meramente platonica);
  • obblighi di assistenza e collaborazione;
  • obbligo di coabitazione;
  • obbligo di contribuzione.

Oltre alla violazione dei doveri che discendono dal matrimonio, elencati all’Art. 143 Cod. Civ., la Giurisprudenza ha individuato ulteriori casi di addebitabilità della separazione nelle seguenti ipotesi:

  • violazione dei doveri nei confronti della prole (i comportamenti non consoni nei confronti dei figli possono rilevare quale violazione di un dovere tra i coniugi).
  • illeciti endofamiliari determinati dall’aggressione all’integrità fisica o morale da parte del coniuge a un componente del nucleo familiare (ipotesi per la cui trattazione si rinvia all’apposita sezione)

È necessario precisare che per addivenire a pronuncia di addebito, il giudice dovrà accertare, inoltre, che la frattura insanabile del rapporto coniugale, frattura cui consegue l'intollerabilità della convivenza, sia stata determinata dal predetto comportamento addebitabile in termini di c.d. efficienza causale.

Tale accertamento diventa particolarmente difficile nelle ipotesi di reciproche trasgressioni ai doveri coniugali.

Le conseguenze di una pronuncia di addebito

Il coniuge a cui viene addebitata la separazione subisce unicamente le seguenti conseguenze:

  • la perdita del diritto al contributo per il mantenimento
  • la perdita di ogni aspettativa successoria nei confronti dell’altro coniuge.

Sussiste, invece,  il diritto alla pensione di reversibilità del coniuge superstite a cui la separazione è addebitabile (diritto la cui sussistenza genera tutt'ora alcuni contrasti giurisprudenziali).

Si tratta, quindi, di effetti prodotti solo sotto il profilo dei rapporti economici con il coniuge.

Inoltre, l’addebito della separazione non costituisce un presupposto neppure per domande di risarcimento dei danni.

Un'eventuale domanda risarcitoria, pur se determinata da una condotta valutata ai fini della pronuncia di addebito, deve essere proposta, comunque, in separata sede, ossia con un autonomo giudizio.

È importante rilevare, infine, come la pronuncia di addebito della separazione sia del tutto irrilevante rispetto all’affidamento della prole o all’assegnazione della abitazione coniugale.

I tempi necessari per una separazione giudiziale

I tempi della procedura di separazione giudiziale sono naturalmente maggiori rispetto al procedimento di separazione consensuale (procedimento che, salvo le eccezioni già analizzate nel relativo approfondimento, di norma si conclude qualche mese dal deposito della domanda congiunta).

La separazione giudiziale, dopo l'udienza presidenziale, segue le forme e i tempi del giudizio ordinario civile e la sua durata varia anche a seconda di quale sia il Tribunale territorialmente competente. Inoltre, ed è questo l’aspetto più rilevante, la durata del procedimento di separazione giudiziale è strettamente connessa al grado di conflittualità esistente tra i coniugi.

Le domande più frequenti poste nei casi di separazione coniugale

Si riportano nel presente paragrafo le domande più frequenti poste dagli Assistiti nei casi di separazione coniugale (sia giudiziale e sia consensuale).

  • Quali sono i tipi di separazione coniugale?

    • di fatto
    • legale (consensuale oppure giudiziale)

  • Qual è la differenza tra una separazione consensuale e una giudiziale? 

Sul piano giuridico, il procedimento di separazione giudiziale è un processo che si svolge in due fasi di giudizio (una fase presidenziale e una fase avanti il giudice istruttore).

La fase davanti il giudice istruttore è una causa ordinaria e la separazione coniugale è pronunciata con Sentenza.

La separazione consensuale, invece, è uno strumento con il quale i coniugi, di comune accordo tra loro, decidono di separarsi.

Tale accordo acquista efficacia a seguito del provvedimento di omologazione.

  • Cosa succede a seguito della separazione?

La separazione non determina la cessazione del rapporto matrimoniale e pertanto marito e moglie mantengono la qualità di coniugi.

Il vincolo matrimoniale, infatti, permane fino al provvedimento di divorzio.

I coniugi possono riconciliarsi e, in tal caso, la riconciliazione fa cessare gli effetti della separazione.


  • Quali sono gli effetti di una separazione ?

La separazione di fatto non fa veni meno i diritti e doveri sorti col matrimonio.

La separazione legale dei coniugi, invece, incide sui diritti e sui doveri reciproci nascenti dal matrimonio.

Per i coniugi, a seguito del provvedimento giudiziale (già con l’ordinanza presidenziale in caso di separazione giudiziale o con il verbale omologato in caso di separazione consensuale):

  • viene meno l’obbligo di coabitazione, di fedeltà, collaborazione e assistenza morale
  • permane e l’obbligo di assistenza materiale verso il coniuge economicamente più debole (diritto al mantenimento)
  • permane l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole
  • si scioglie la comunione legale  il regime patrimoniale scelto dalla famiglia.

  • Quando cessano gli effetti della separazione ?

Con la separazione viene a crearsi una situazione in cui gli effetti del matrimonio sono, con i limiti anzidetti, temporaneamente sospesi tra i coniugi.

Gli effetti della separazione cessano con la riconciliazione o con il provvedimento di divorzio

Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate

Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 18 Gennaio 2019

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